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Integrare consapevolmente

Due fattori, più degli altri, contribuiscono oggi a rendere il mercato degli integratori alimentari più che mai in crescita: da un lato l’impoverimento delle naturali proprietà degli alimenti, inevitabile, ahinoi, nel momento in cui si passa dal caro orto di casa o del contadino alla coltivazione industriale (con tutto quello che comporta: dai pesticidi, alla coltivazione intensiva, all’assenza di rotazione annua e stagionalità); dall’altro lato l’impoverimento della comune dieta, intesa come stile alimentare, di alimenti funzionali in favore di cibi vuoti e antinutrienti, cioè che apportano calorie dallo scarso valore funzionale.

Ecco quindi che, in un assurdo meccanismo per il quale “mangio male e poi integro” facendo, peraltro, la felicità delle multinazionali, diventa indispensabile possedere  _almeno_  gli strumenti basilari per scegliere l’integrazione più adeguata alla propria situazione nell’universo di quanto le ormai innumerevoli case farmaceutiche, diciamo, “propongono”.

Questa serie di articoli, ben lungi dall’arrogarsi un carattere di esaustività, vuole essere uno strumento pratico e veloce per guidare nella scelta di un integratore piuttosto che un altro, sfatare falsi miti e chiarire alcune (non volute?) incertezze frutto di confusione o possibili errori talora anche importanti.

Mi concedo una piccola vena di sarcasmo a danno di quei prodotti, che personalmente contesto, che millantano miracoli, il più delle volte dimagranti.

bibbidi

buffins

“Buffins” uno dei buoni che fanno bene!

Siamo italiani e il classico cappuccino e cornetto è una coccola difficile da abbandonare. Un compito impopolare nel mio lavoro è quello di far “sganciare” i miei pazienti dall’idea che la colazione debba essere zuccherosa. Così, per chi ha voglia di preparare un prodotto casalingo per un dolce risveglio, può provare questa ricetta che sfida i comuni canoni della pasticceria da colazione. “BUFFIN” è nome che ho dato a questo particolare muffin che ha, al suo interno, alcuni ingredienti funzionali e addirittura un integratore di fibra, l’INULINA, ottimo prEbiotico, modulatore del microbiota e regolatore della funzione intestinale con lieve sapore dolce.

Bando alle parole, eccovi la ricetta, con alcune varianti a seconda del gusto che preferite!

Ingredienti per 6 Buffins

50g farina integrale di frumento 00

50g farina integrale di segale – Varianti: farina di castagne, farina di ceci, semola di granoduro

30g uva sultanina – Varianti: mirtilli essiccati (lasciate perdere le bacche di goji perché non hanno lo stesso potere dolcificante…)

100g yogurt di soia bianco naturale senza zuccheri aggiunti – Variante: 100g yogurt bianco intero (Attenzione: contiene lattosio!)

100g mela a dadini – Varianti: banana a dadini, fichi secchi a pezzettini (attenzione: zuccheri in più!!)

2 bustine di Bifin® – CadiGroup

2g lievito per dolci

100ml acqua

No, non ho dimenticato lo zucchero. Lo zucchero non c’è J

Io mi trovo molto bene con il “metodo USA”: prima mischio insieme gli ingredienti secchi, poi amalgamo unendo quelli liquidi o semiliquidi. Divido l’impasto in 6 stampini, cuocio a 175°C a forno ventilato per 20-25 minuti.

92Kcal a Buffin, alto tenore di fibra, bassissimo contenuto di zuccheri non raffinati e alto indice di godimento. Fatemi sapere!!!

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Che fico!

Sarà che sono dolcissimi, sarà che in campagna si trovano selvatici e che raccoglierli è divertente…sta di fatto che in pochi resistono alla tentazione di una scorpacciata di questi deliziosi frutti (o, per precisione, “infruttescenze”) e allora vediamone insieme anche le benefiche proprietà!

Freschi in estate, secchi nelle altre stagioni, i fichi contengono semi e mucillagini in grado di stimolare la peristalsi intestinale, perfetti, quindi per il corretto transito e la regolarità quotidiana (non a caso si trovano spesso negli integratori per gli stessi fini).

Anche a livello gastrico, però, ci aiutano, con i loro enzimi digestivi, a funzionalizzare l’assimilazione degli alimenti; perché, quindi, non usarli come ottimo dessert? Certamente soddisfacenti dal punto di vista del gusto dolce, anche la loro consistenza invita a farne una crema che ben si sostituisce a qualunque altra alternativa raffinata e decisamente meno sana.

Se stiamo già soffrendo sotto i nostri sensi di colpa per l’errata convinzione secondo cui i fichi siano ipercalorici, ricordiamoci che un etto di questi splendidi doni della natura conta tra le 50 e le 70 Kcal, secondo il grado di maturazione (e quindi di contenuto in zucchero), vale a dire meno della metà di 25g di un normale prodotto da forno o di pasticceria, con ben altro potere saziante e un contenuto vitaminico, minerale e antiossidante cui la “merendina” non regge il confronto.

I frutti freschi sono ricchi di calcio e di ferro, contengono anche altissime concentrazioni di potassio e tracce di vitamina A.

Ne esistono molte varietà, che crescono e maturano da Giugno a Settembre. Per prolungare il piacere della loro fruibilità, vengono impiegati sia in marmellate sia fatti seccare (con un procedimento non troppo indaginoso che potete replicare anche a casa, al naturale o in forno, da soli o “farciti” con noci, mandorle, nocciole…yum!).

Se abbiamo dei fichi freschi – raccomando di mangiarli solo a maturazione completa perché il lattice che producono ha caratteristiche irritanti – non trattati, è commestibile anche la buccia, anzi ha un sapore delizioso e dolcissimo!

La mia super ricetta del “ho raccolto una cesta di fichi e non ce la faccio a mangiarli tutti prima che appassiscano” (incredibile ma succede!) prevede l’inserimento del frutto sbucciato, intero o sezionato, nell’impasto della torta o del classico muffin, badando a unire meno della metà dello zucchero previsto dalla ricetta: è un’idea eccellente per sfruttare gli zuccheri naturali del fico che, una volta cotto, darà umidità, dolcezza e morbidezza alla torta, da consumare entro 2 giorni e conservare in un luogo asciutto. Se i fichi avessero una pasta già molto molla, in alternativa, possono essere mischiati all’impasto del dolce, sempre con pochissimo zucchero, tenendo presente che, anche con il lievito, questo farà crescere poco la torta…ma sarà buonissima e super funzionale! Provateli anche nell’insalata assieme a mele, uva, noci e feta.

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Il rosso che fa bene

Vetrine, camioncini dei coltivatori e frutterie coloratissime di allegro rosso puntellato di verdi ciuffetti…le fragole hanno un fascino goloso e contagioso. Ottime al naturale o con qualche goccia di limone (che le protegge dall’ossidazione!), eccellenti con mousse, panna e in abbinamento ai dolci, le fragole sono il festoso annuncio del sole in arrivo che scalda l’aria e il cuore.

Amiamo le fragole perché sono gustose, ipocaloriche, ricchissime di oligoelementi fondamentali come Magnesio, Calcio, Ferro e Fosforo, hanno inoltre molteplici proprietà benefiche.

In termini più tecnici, il succo di fragola mostra un’attività antiossidante estremamente marcata dovuta al suo contenuto in ellagitannini, ossia una classe di composti chimici con azione antiossidante, anticancro e antivirale*. È stata osservata una inibizione di alcuni enzimi ossidativi (in particolare polifenolo ossidasi, della perossidazione lipidica e della beta glucosidasi) con effetto anti colesterolo*. Inoltre questi preziosi alleati interagiscono con alcuni enzimi gastrici sviluppando un’azione antinfiammatoria.

Ovviamente i frutti più ricchi di queste proprietà restano quelli selvatici e quelli da coltivazione biologica e stagionale, che sono da preferire ai frutti di serra, i quali, tuttavia, condividono con i primi una buona azione drenante.

E se tutto questo non fosse sufficiente a invogliarvi…ecco una velocissima ricetta per uno spuntino gustoso e super funzionale: strawberry smoothie!

200g fragole da coltivazione biologica, 200g cetriolo fresco, 1 cucchiaino di stevia, 4g di radice di zenzero fresca, 2 cucchiai di latte di cocco. Frullare nel cutter o con il minipimer fino ad ottenere una consistenza spumosa, decorare con foglie di menta fresca!

* NB: rimane inteso che le proprietà degli alimenti non si intendono a livelli farmacologici, ma unicamente coadiuvanti il mantenimento di un buono stato di salute.

Riferimenti bibliografici:

J Sci Food Agric. 2018 Apr 16. doi: 10.1002/jsfa.9079. [Epub ahead of print] “Effects of high power ultrasound on microflora, enzymes and some quality attributes of a strawberry drink.”

Nutrients. 2018 Apr 4;10(4). pii: E445. doi: 10.3390/nu10040445.“Protective Effects of Ellagitannin-Rich Strawberry Extracts on Biochemical and Metabolic Disturbances in Rats Fed a Diet High in Fructose.”

cellulite

Quell’odiosa buccia d’arancia

La cellulite è un’infiammazione, tuttavia questa parola è usata, impropriamente, per indicare un’alterazione cutanea esteticamente poco simpatica che prende il nome di panniculopatia edemato fibrosclerotica caratterizzata da stasi di liquidi negli spazi interstiziali, con gli inestetismi e le alterazioni funzionali che ne conseguono (microlesioni, rilascio aumentato di tossine ecc.).

Per non tediarvi con precisazioni scientifiche, veniamo al problema più comunemente sofferto: la cosiddetta “pelle a materasso”.

In primis mettiamoci l’animo in pace: una grossa fetta della causa è su base genetica. Questo però, come in molte cose, non vuol dire che non possiamo (RE)agire con le nostre armi, in primis lo stile di vita, in cui rientra, ovviamente, anche la dieta. Posto che attività fisica e abitudini posturali siano stati adeguatamente impostati, vediamo come la nostra alimentazione può aiutarci in questa battaglia che sembra non avere fine.

Sempre per metterci l’animo in pace, bisogna accettare che la cellulite non ha una reale cura, piuttosto si può migliorare l’aspetto estetico in molti modi, ma tenendo presente la necessità di una costanza pressoché vitalizia. Parlando strettamente di alimentazione, i termini chiave sono DISINTOSSICARE e DRENARE.

1) Disintossicare: utilizzare quotidianamente ortaggi e frutta, oltre ad apportare un ottimo rifornimento idrico, assicura l’assunzione di molti principi attivi naturali dall’attività depurativa e antiossidante. Dato che alla base della cellulite vi è un’infiammazione, assumere antiossidanti riveste un ruolo importante. Non è necessario imbottirsi di centrifugati o estratti, ma è fondamentale che in OGNI pasto, spuntini compresi, figuri una buona quantità di verdura, che sarà bene consumare sia cruda sia cotta. Consumare, infatti, solo verdura cruda, creerebbe gonfiore a livello addominale, inoltre l’eccesso di fibra renderebbe difficile l’assorbimento dei micronutrienti, ostacolandone la loro stessa assimilazione. D’altro canto, con la cottura alcuni principi vengono persi, ed ecco il perché dell’alternanza.

2) Drenare: è noto che alcuni alimenti possiedano una maggiore capacità drenante. Ananas, pompelmo e kiwi tra i frutti, sedano, cetriolo e asparagi tra gli ortaggi, ma solo per citarne alcuni. Possiamo anche “aiutarci” con l’utilizzo regolare di tisane fitoterapiche che stimolino l’eliminazione dei liquidi in eccesso che creano edema: ortosiphon, betulla, tarassaco, equiseto, centella e ciliegio sono i più noti.

3) BERE. In inverno è più difficile ricordarsi di bere una giusta – e non eccessiva – quantità di acqua. Può essere utile preparare una camomilla leggera da tenere nel thermos in modo da invogliarci a bere qualcosa di caldo e profumato. Si può usare anche del thè verde, con moderazione dato il suo potere eccitante.

4) Alimentazione equilibrata e completa: i carboidrati non sono responsabili della cellulite, quindi bandirli è una pratica che avrà solo effetti dannosi. Preferiamo invece quelli complessi e/o integrali per aumentare la depurazione auspicata.

5) Non strafare! Come in ogni cosa, è perfettamente inutile, oltre che dannoso, “partire all’attacco” interpretando tutti i consigli in maniera estrema. Metterli in pratica con serenità e costanza sarà molto più efficace e duraturo.

Restando a disposizione per ogni chiarimento,  vi auguro costruttività, costanza e ottimi risultati!

digiuno

Sul digiuno intermittente

Molte domande mi vengono poste  in merito a una delle mode del momento: il Digiuno Intermittente. Prima nota: non che nelle mode ci sia necessariamente del male, fuorché, come spesso accade, nel fare di tutta l’erba un fascio: ciò che è bene per te non è detto sia bene per me, questo, soprattutto nel rispetto di quella caratteristica preziosa e spesso bistrattata che è l’individualità. Ma torniamo in tema.

Esistono infinite modalità per praticare il digiuno intermittente dove, nell’accezione comune, gli unici limiti sono la fantasia e la forza di volontà di chi lo pratica.

Non sarebbe corretto né umile, da parte mia, prendere una posizione definita in merito, sempre in virtù del principio dell’individualità. Pertanto mi limiterò a citare alcuni elementi (non ho la presunzione di saperli tutti) a favore e alcuni a sfavore.

Gli elementi a favore sono ben noti, grazie ai modaioli che, magnanimamente, mettono al nostro servizio il loro universale scibile in materia (sì, c’è un pizzico di ironia nelle mie parole). E sono i più disparati, dalle ovvietà agli “inconfutabili” studi scientifici (che, in generale, consiglio sempre di citare con relativi riferimenti e di leggere con ESTREMA attenzione). Andiamo dal riposo intestinale, alla depurazione del fegato, all’eliminazione delle tossine e chi più ne ha più ne metta.

Alcuni di questi concetti sono veri, dove per veri intendo universalmente accettati dal mondo scientifico. Potremmo dire, alla spicciola, che l’introduzione di “estranei”, come il cibo, nel corpo rappresenta comunque una sorta di stress, giustificato dall’impegno metabolico e immunitario che il cibo richiede.

Tuttavia, ahinoi, la natura o chi per lei, ha pensato che gli organismi viventi dovessero aver bisogno di una qualche fonte energetica per la loro sopravvivenza e ha messo a disposizione un’ampia rosa di scelte per soddisfare tale esigenza. (mi dispiace, non credo al respirianesimo.)

Inoltre, questa furbacchiona della natura, ci ha organizzati per essere dei tipi tosti, resistenti anche alle carestie più dure, programmando il nostro metabolismo tale da sfruttare al massimo le capacità energetiche degli alimenti. Certo, questo oggi, dove ad ogni metro di strada c’è un’occasione per magiare e in casa 4 pubblicità su 5 sono relative al cibo, suona un po’ come “che cattiva questa natura, non vuole farmi mangiare!”. Eppure fino a pochi anni fa, relativamente alla storia dell’uomo, avremmo benedetto questa skill.

Ecco quindi, un primo importante punto a sfavore del digiuno, carestia per il corpo, che organizza tutte le sue risorse (tutte: dai meccanismi metabolici ai batteri intestinali) per sfruttare al meglio gli alimenti…quali? Tutti quelli che vengono reintrodotti a digiuno terminato.

Altro allarme viene dall’utilizzo delle risorse da parte dell’organismo. È facile e confortante osservare come il peso diminuisca in breve tempo anche di percentuali importanti a seguito del digiuno intermittente. Fate attenzione, però, a questo strumento tanto severo quanto illusorio. Infatti un corpo “affamato”, prima di ricorrere all’utilizzo delle riserve di grasso, ben stoccate nel tessuto adiposo, attinge alle preziose riserve muscolari che, fra l’altro, hanno un peso maggiore e che quando si depauperano causano un’importante calo ponderale.

Alla luce di ciò, il mio consiglio è quello di approcciare con spirito critico e buon senso a questa pratica (in verità a tutto…): un breve digiuno _può_ essere utile laddove ci sia un pregresso di iperalimentazione e/o assunzione di alimenti altamente intossicanti (junk food, alte dosi di grassi di origine animale, eccesso di zuccheri semplici); perde il suo senso, però, se non è sostenuto da un ripristino di un’alimentazione bilanciata e, soprattutto, ricca di fibre.

Nel soggetto ben alimentato, normopeso e in salute, personalmente vedo in questa pratica solo il rischio di debilitazione.