Raw flax seeds heart shaped and stethoscope

Colesterolo e rischio cardiovascolare: le linee guida

Eccovi, debitamente riassunte e concentrate, le linee guida appena diffuse dal Documento di consenso intersocietario:
ANMCO/ISS/AMD/ANCE/ARCA/FADOI/GICR-IACPR/SICI-GISE/SIBioC/SIC/SICOA/
SID/SIF/SIMEU/SIMG/SIMI/SISA (Giugno 2016)
Colesterolo e rischio cardiovascolare: percorso diagnostico-terapeutico in Italia

Pubblico solo la parte relativa all’alimentazione e allo stile di vita per una maggiore fruibilità e rapidità di lettura.

1.3.1 Alimentazione e colesterolo
È ormai documentata una relazione tra colesterolo alimentare e mortalità cardiovascolare. In particolare, tra i fattori correlati all’alimentazione sono gli acidi grassi saturi ad avere il maggiore impatto sul C-LDL. Si calcola che per ogni incremento dell’1% di apporto di acidi grassi saturi, si determina un aumento di 0.8-1.6 mg/dl di C-LDL. Gli acidi grassi parzialmente idrogenati di origine industriale rappresentano la maggior fonte di origine di grassi trans-insaturi nell’alimentazione: dal 2% al 5% dell’apporto quotidiano alimentare nei paesi occidentali. Il loro effetto sui valori di C-LDL è simile a quello degli acidi grassi saturi.
Si calcola che se una quota pari all’1% dell’apporto alimentare di acidi grassi saturi fosse sostituito da acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi (PUFA) n-6 e carboidrati, i valori di C-LDL potrebbero ridursi rispettivamente di 1.6, 2.0 e 1.2 mg/dl.
I PUFA n-3 non hanno effetto diretto ipocolesterolemizzante, anzi il loro effetto di riduzione dei TG può portare a un lieve incremento della quota di C-LDL, quando calcolata con la formula di Friedewald. L’effetto protettivo cardiovascolare di un’alimentazione ricca di pesce, che li contiene, si esplica con altri meccanismi. Il GISSI-Prevenzione (Gruppo Italiano per la Sopravvivenza nell’Infarto Miocardico) che ha studiato, tra l’altro, gli effetti dell’apporto suppletivo di 1 g/die di PUFA n-3, ha documentato, infatti, una riduzione significativa della morte improvvisa aritmica in oltre 11 000 pazienti reduci da un infarto miocardio.
Anche i carboidrati non incidono sul C-LDL, pertanto la sostituzione di quote di grassi saturi con carboidrati rappresenta un’opzione vantaggiosa. Un’alimentazione ricca di fibre, legumi, frutta, verdure e cereali integrali ha un effetto diretto ipocolesterolemizzante e, pertanto, va incentivata in modo che, sostituendo gli acidi grassi saturi, si ottimizzano gli effetti dell’alimentazione sul C-LDL e si minimizzano i possibili effetti sfavorevoli dei carboidrati sulle altre lipoproteine.
La dieta mediterranea in particolare ha dimostrato di ridurre il rischio cardiovascolare sia in prevenzione primaria che in prevenzione secondaria. Si ricorda che la dieta mediterranea come descritta da Ancel e Margaret Keys nel loro libro pubblicato nel 1975 così riportava l’alimentazione tipica di quegli anni «…un abbondante piatto di pasta e fagioli, molto pane, senza alcun tipo di aggiunta di grasso spalmabile, grandi quantità di verdure fresche, una modesta porzione di carne o di pesce due volte a settimana, vino…; sempre frutta fresca come dolce… Per la prevenzione della cardiopatia coronarica sarebbe difficile trovare qualcosa di meglio dell’alimentazione comune della popolazione Napoletana dei primi anni ’50». Negli stessi anni Fidanza registrava nell’indagine sulle abitudini alimentari a Nicotera un consumo di grassi saturi del 7%. Questo è il consumo medio di grassi saturi nelle popolazioni con più elevata aspettativa di vita.
dieta dello studio DASH42.
Il fatto che le linee guida europee raccomandino un consumo non superiore al 10% non deve ingannare: l’Italia è un paese considerato a basso rischio coronarico grazie ai benefici derivati dalla nostra alimentazione, e il modello alimentare italiano suggerisce (e raccomanda) consumi più vicini alle caratteristiche culturali mediterranee di quelli rilevati in Europa.
Purtroppo la recente indagine OEC/HES ha indicato che i livelli medi del consumo di grassi nella popolazione adulta è cambiato rispetto a quello degli anni ’60, in particolare oggi il consumo dei grassi saturi raggiunge il 12% delle calorie totali, il consumo medio di colesterolo è >350 mg/die (rispetto ai meno di 300 mg raccomandati) e scarso è il consumo di fibre (meno di 20 g/die rispetto ai 30-45 g raccomandati).
Un interessante editoriale recentemente pubblicato prende in considerazione i punti “deboli” della dieta mediterranea (alto consumo di sale aggiunto nella conservazione e preparazione dei cibi in cucina, alto consumo di olio extravergine di oliva e di vino, entrambi elementi molto calorici, utilizzo di cereali raffinati) e stila un interessante decalogo che definisce le caratteristiche dell’alimentazione mediterranea moderna per il XXI secolo: poiché nel nostro Paese la prevalenza di sovrappeso-obesità in età adulta supera il 70% della popolazione, l’uso di alimenti altamente calorici, ricchi di grassi saturi, colesterolo, con elevato contenuto di sale vanno usati con moderazione.
Tabella 3. Raccomandazioni delle linee guida ESC sull’alimentazione
• Ridurre gli acidi grassi saturi a meno del 10% dell’apporto calorico totale, mediante sostituzione con acidi grassi polinsaturi.
• Acidi grassi trans-insaturi: eliminare o ridurre a quanto meno possibile quelli di origine industriale, meno dell’1% se di origine naturale.
• Sale meno di 5 g
• 30-45 g di fibre al giorno
• 200 g di frutta al giorno
• 200 g di verdure al giorno
• Pesce almeno 2 volte la settimana
• Ridurre l’assunzione di alcool: non superare i due bicchieri di vino al giorno per gli uomini ed un bicchiere per le donne.
1.3.2 Attività fisica e colesterolo
Un adeguato stile di vita deve combinare gli effetti positivi dell’alimentazione a quelli dell’attività fisica, in grado di migliorare il profilo di rischio cardiovascolare mediante una riduzione dei valori dei lipidi, della glicemia e della pressione arteriosa.
L’esercizio fisico, regolarmente svolto, incrementa il colesterolo HDL (C-HDL) e diminuisce i TG, con conseguente miglioramento dei livelli di CT e C-LDL, sebbene di minore entità.
Un esercizio fisico moderato è in grado di determinare un aumento del C-HDL dal 4% al 43%. Gli atleti che praticano sport di resistenza hanno livelli di HDL più elevati del 40-50% e TG inferiori del 20% rispetto ad una corrispettiva popolazione sedentaria. Il meccanismo attraverso il quale l’attività fisica determina questi effetti sembra essere associato a un incremento della lipoproteinlipasi e ad una diminuzione della lipasi epatica, che porta al catabolismo dei TG e ad un aumento del C-HDL. Inoltre, anche senza variazione del C-LDL è stato dimostrato un aumento delle dimensioni delle particelle LDL, con ovvia riduzione delle LDL piccole e dense, notoriamente più aterogene.
Il miglioramento del C-HDL non sembra essere correlato al tipo di esercizio fisico, ma piuttosto ad una correlazione dose-risposta: un’attività fisica moderata, svolta raggiungendo una frequenza cardiaca compresa tra il 40% e il 60% della frequenza cardiaca massimale, per 30-40 min, 5 volte la settimana, o ancor meglio, quotidianamente è in grado di ottenere gli effetti sovradescritti sul quadro lipidico. I benefici dell’attività fisica si hanno negli uomini e nelle donne, in queste ultime in misura ridotta, soprattutto in post-menopausa.
Altri meccanismi, tra i quali il miglioramento della funzione endoteliale, la riduzione del consumo di ossigeno, la modulazione del profilo infiammatorio, concorrono a determinare un’azione protettiva anche nei pazienti con anamnesi positiva per precedenti eventi cardiovascolari.
Pertanto, il praticare regolarmente attività fisica svolge un ruolo protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari, sia in prevenzione primaria che secondaria.
Tabella 4. Raccomandazioni per l’attività fisica.
• L’attività fisica è in grado di migliorare il profilo lipidico.
• Incoraggiare tutti gli adulti a svolgere un’attività fisica moderata, raggiungendo una frequenza cardiaca compresa tra il 40% e il 60% della frequenza cardiaca massimale, per 30-40 min, 5 volte la settimana.
• Stimolare i soggetti sedentari ad avviare attività fisica.
• L’attività fisica è fortemente suggerita anche nei pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, angina, infarto, interventi di rivascolarizzazione percutanea o chirurgica e nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca. L’intensità dell’esercizio, le modalità di esecuzione vanno tarate sulle caratteristiche individuali del paziente e definite dopo una valutazione cardiologica o un adeguato periodo di riabilitazione cardiovascolare.

1.3.3 Altri interventi
Sicuramente efficace, ma di entità relativamente minore, è l’effetto della perdita di peso: una perdita di circa 10 kg riduce il C-LDL di circa 8 mg/dl. Maggiori saranno i benefici di una perdita di peso ottenuta attraverso una dieta a basso contenuto di grassi.
Un’assunzione moderata di alcool (non superiore 20-30 g/dl negli uomini e 10-20 mg/dl nelle donne), in soggetti che non presentano ipertrigliceridemia, può essere accettabile.
Il fumo è in grado di agire sul profilo lipidico determinando l’ossidazione delle particelle di LDL piccole e dense maggiormente aterogene. La sua sospensione, oltre a determinare una serie di benefici effetti su altri aspetti del rischio cardiovascolare, si inserisce nel novero di misure da raccomandare per migliorare lo stile di vita.